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Il risultato principale della gestione Musk di Twitter è stato l’aver frantumato la town square mondiale in una serie di cloni mal riusciti. Al momento questi aspiranti rimpiazzi né ne scalfiscono il dominio né ne costituiscono un’alternativa veramente valida (per quanto, inevitabilmente, interessanti e degni di attenzione). Sì, Mastodon, i protocolli aperti (AT e ActivityPub). C’è un aspetto vagamente e variamente etico che può interessare, il fatto che un protocollo aperto e un network decentralizzato non sottostanno al controllo o ai capricci di un CEO (vedremo Zuck con Threads che farà), ma per il resto non offrono niente che sia migliore come esperienza – a meno che non si cerchi o ci si accontenti di un’esperienza molto ridotta, o più specifica. O come prodotto. Non dite prodotto a uno di Mastodon. 🚑

Tuttavia lo stato di declino in cui versa Twitter e le coglionate quotidiane che il padroncino infligge agli utenti, obbligano a prendere in considerazione le nuove proposte. Non è più solo l’invadenza degli ads e lo spam ingestibile, questo era un trend già in atto da anni e adesso è semplicemente lo stato delle cose, ma ci eravamo abituati e in qualche modo ci si poteva difendere (da browser desktop e app terze parti, queste ultime killate da Elon). La novità è che oggi gli account peones (quelli senza Twitter Blue) sono sempre più strozzati, sottoposti a limiti come il numero di tweet visualizzabili e il de-ranking nelle conversazioni. Se prima il bello (con relativi problemi) di Twitter era la propagazione dei contenuti, l’eco, la reachability, e la varietà dell’ecosistema di app che vi giravano intorno, adesso resta solo una certa monotonia e il patrimonio costituito da 16 anni di presenza in rete che l’hanno portato a essere essenziale come fonte di accesso alle notizie mentre si svolgono, agli approfondimenti, alle discussioni (siamo appena usciti dal COVID e il COVID è stato sconfitto praticamente su Twitter). Ci sono organi politici, governi, istituzioni. Poi i brand, di tutti i tipi, dal fashion al tech. L’evoluzione del tech dove la segui oggi, e da (molti) anni, se non su Twitter?

Così nel complesso, quindi, Twitter non ha rivali e andrà avanti per inerzia. Le alternative del momento sono novità con cui fargli le corna ogni tanto. Ma la novità è una fase breve. Se non ingrani prima che si esaurisca, hai già preso la via del declino. Sembrerebbe il caso di Bluesky. Threads invece è stato un discreto petardo in 🍑 a Space Karen (come gli amici chiamano Elon). Nervosetto, minaccia di citare Meta in giudizio per concorrenza sleale. Che seguito può avere una minaccia da uno che nella norma è nevrotico già di suo è abbastanza prevedibile Il botto Threads l’ha fatto (70 milioni di utenti in due giorni, convertiti tutti da IG, così funziona). I danni, vedremo.

Mastodon è, come Bluesky, irrilevante. Ma resterà perché non nasce in questo frangente di assalto a Twitter, ha una sua storia, un suo percorso, un suo futuro. Ma di stasi, non di evoluzione. Mastodon a fatica ha incamerato una decina di milioni di utenti in esodo da Twitter, ne resteranno attivi una percentuale bassissima. Deve piacere, come le interfacce testuali per gli OS. E piace. Una roba vecchia che però non passa mai, e che può avere legittimi estimatori. Ha la sua nicchia e non ha mai avuto pretese di espansione. L’ha subita senza ostilità ma nemmeno entusiasmo. È rimasta una piccola ciste innocua nella rete, non da fastidio a nessuno e anzi ospita micro-organismi internettiani che lì trovano il loro ambiente ideale. Anche molto diversi tra loro (vedi Social.lol e Livello Segreto o Bida.im). Evoluzione ovviamente vuol dire uscire dalle nicchie. Ma per alcune comunità, come quella LGBTQ+, questa nicchia è stata un rifugio.

Bluesky lascia un po’ l’amaro in bocca. Sembrava voler restituire quello che Musk ha tolto a Twitter. Ne sarebbe una sorta di spin-off (c’è dietro Jack Dorsey, fondatore di Twitter) e parte esattemante come il Twitter degli inizi. Disorganizzato e lento (ricordate la blue whale?). Solo che oggi non può permettersi quella lentezza. Non deve esplorare e inventare niente. Arriva sulla piazza molto acerbo (è ancora in beta a ingresso limitato). Non mi pare impostato bene, anche a livello tecnico. Fa meno sfigato di Mastodon, ma con l’arrivo di Threads credo sia finito, se non trova o si inventa una sua specificità come fa Mastodon. Threads è stato il segnale d’avvio che la gara è cominciata, ma BSky sta ancora al riscaldamento. Batti lei!

Threads, dunque? Può idealmente non piacere ma non si può ignorarlo. Dietro c’è la potenza tecnologica e finanziaria di Meta, pro e contro. Da sole non bastano, senza una vision. E quella forse Threads ce l’ha. È molto diverso dalla paccottiglia di Facebook e pure di Instagram, piattaforma alla quale è legato forse più per calcoli tattici che di strategia. O magari è un’illusione e resteranno gemelli siamesi. Ma oggettivamente le vibes di Threads non sono quelle di Instagram. C’è una ricercatezza e una raffinatezza nella forma grafica (ci sarà per forza anche un po’ di sostanza dietro) che lo rendono del tutto diverso da Instagram. Non urla, non è sguaiato. Il logo mezzo lisergico di Instagram qui è sostituito da uno in bianco e nero, tutto quello che su Instagram è studiatamente grezzo qui è rifinito fin nei dettagli più sottili. L’animazione al refresh, il ricciolo nel filo delle conversazioni, e anche cose con più significato semantico come gli avatar raggruppati in circolo a segnalare i partecipanti principali in un thread senza necessariamente aprirlo, dalla timeline direttamente. Come Instagram scoraggia le conversaizoni – per evidente inadeguatezza del mezzo, che non vuole essere Flickr – presentandole in maniera disordinata, rudimentale, difficile da seguire, qui le conversazioni sono incoraggiate e messe in ordine (attenzione però: di ranking, non cronologico). Piuttosto ovvio considerando quello che vuole essere, ma meno ovvio se pensiamo da quale cultura proviene (Facebook è stato un luogo studiatamente tossico ben prima di Twitter). Tanta grazia riesce persino a nascondere una certa mano forte che indirizza (manipola?) le conversazioni per vie algoritmiche (no solo non esiste un ordine cronologico nella timeline, ma anche le fonti sono scelte dall’algoritmo e non si limitano a chi uno segue). Questo è il packaging, curatissimo e patinato, e siamo nella fase eccitante dell’unboxing. Ma è un pacco? Difficile non mantenere la diffidenza verso un prodotto di quella provenienza. Threads è il primo prodotto veramente Meta, che era Facebook fino a ieri e che gli altri pezzi da 90 (Instagram e WhatsApp) li ha comprati e non inventati, per farci cassa. Threads invece prima che cassa deve fare immagine. È il prodotto con cui Meta vuole cambiare faccia (anzi, formarsene una per la prima volta perché quella vecchia l’ha buttata, il marchio Facebook). Superare il trash senza abbandonarlo, ma presentandosi in una nuova veste sleek e seducente verso un certo pubblico dal palato più fine con cui ha poca confidenza. Non per improvvisa folgorazione, ma perché la vena del trash finanziarimanete si sta esaurendo, il suo bacino di analfabeti informatici sta lentamente morendo, anche proprio, come dire, in senso biologico. Gli lascia ancora Instagram e WhatsApp, ma cerca un pubblico nuovo. Threads è il primo amo che gli getta. Dai 70 milioni di utenti in 2 giorni (un numero enorme ma una fetta sottilissima dei miliardi di utenti IG) devono uscire fuori quelli che si faranno persuadere a compare Meta Quest (il visore per il Metaverso). È in quella direzione che guarda Threads, non certo al Fediverso. E oltre a un’immagine rinnovata c’è forse anche il tentativo di riposizionarsi, proiettandosi nel futuro piuttosto che radicandosi in quegli ultimi scampoli di ‘900 che sono stati Facebook, Instagram, WhatsApp e forse anche Twitter, Novelle 2000 della nostra epoca ma oggi forse definitivamente esaurite. Anche perché il suo pubblico o bacino di utenza (gli over-60 direi) si sta assottigliando.

Questa è la mia visione a ventaglio della cosa. Quella più a forbice, ovvero la mia esperienza utente, limitata, è un po’ distorta dal fatto che arrivo su Threads prevenuta da un odio sistemico per Instagram mitigato solo dal fatto che negli ultimi anni ha perso rilevanza tra il pubblico teen. Instagram, il meccanismo dei like, l’istigazione al clownaggio, è stata la prima cosa internettiana che ho dovuto esperire per conto terzi (figli). Una cosa a cui non mi sarei accostata mai, ho un certo snobismo da nerd che me lo impediva. Se Facebook mi era stato risparmiato, Instagram invece ho dovuto affontarlo. E su Instagram è confluito tutto il peggio di Facebook. Di tutto ci si occupa su Instagram, tranne che di fotografia. Di foto sì, di merda, da esibire per fingere di vivere al top, ognuno alla sua scala, Briatore alla sua e Patrizia la reginetta di Baia Domitia alla sua. Horror puro. Un luogo popolato da personaggi della TV. Non bastava la TV? E questo, che è il tratto irriducibile di Instagram, confluisce in Threads in modo subdolo, come una muffa. Threads prova a scansare la poracceria degli influencer di periferia, ma non altri tipi di cretinerie, e scorrere la timeline è molto simile a guardare la TV che citavo prima. Tutte celebrities. Dipende in buona parte anche dal fatto che dal mio profilo Instagram, poco usato, l’algoritmo di Threads ha potuto ricavare ben poco. Gli interessi forse li ha capiti pure, ma non ha trovato le fonti su Threads. Seguo ad esempio un sacco di account di font e design, ma pochissimi hanno attivato il profilo Threads. Il guaio è che poi seguivo anche brand, e non solo Apple, pure Mulino Bianco, perché ho una passione per i regali a punti che mi ricordano la mia infanzia felice di 80’s kid. Una cosa di cui mai avrei creduto di dover mettere a conoscenza chi mi legge in rete. Ma comunque Mulino Bianco su Threads non c’è. Quello che ha orientato tutto il mio algoritmo, e fortunatamente me ne sono accorta abbastanza presto e ho apportato correzioni, è stato l’account di iJustine. Ecco, io in segreto su Instagram la seguivo. Appena l’ho tolta Threads ha cominciato a correggere il tiro. Ancora però mi propone influencer di moda e bellezza… musulmane. Per me cloro al clero, figurati agli imam. Ma che succederà quando Threads si sarà fatto un mio profilo che oltre a mettere insieme Apple e Mulino Bianco comincerà a trovare i tasselli che definiscono il mio orientamento politico, il mio atteggiamento culturale? Oddio, che può succedere? Che al massimo trova il modo di blandirmi e farmi comprare Oculus Quest. Tanto già mi ha spogliata del mio “brand” gustomela (username occupato), che interesse posso più avere nel concorrente Apple?