FontExplorer X Pro: solido e affidabile. Solido... diciamo sclerotizzato.
Ha ormai grossi limiti: preview arcaica e supporto indecente ai variabili.
Ma ci hanno dato il discovery engine, che gran cosa. Né sul mio MBP né sul mio iMac FEX riesce a far funzionare il discovery engine, che dovrebbe – molto in teoria – trovare per un dato font tutti quelli simili disponibili nel proprio catalogo. Mai visto nella pratica cosa riesca a combinare. Neanche partendo da 0 a ricostruire una libreria agile e ordinata. Non azzecca neanche due mono. Non li trova proprio. Forse ha trovato qualcosa due o tre volte. Due o tre volte. Na bomba. Almeno, dopo una manciata di aggiornamenti adesso il discovery engine se ne sta buono e non tira giù tutta la macchina 🚀🚀🚀 costringendo a killarlo da Activity Monitor. Forse vuole M1. M2!
Non è tuttavia il discovery engine il punto. L’occhio umano resta più affidabile del machine learning, e una catalogazione pasticciata è peggio di una non catalogazione.
Il punto è invece che FEX, standard de facto per la gestione dei font su macOS (Monotype GmbH), è uguale a se stesso da quando è uscito. Aggiornato nel codice, ripulito qua e là nell’interfaccia, ma senza miglioramenti di rilievo. Ne ha bisogno? Probabilmente chi lo usa sì.
Cosa servirebbe per un workflow più agile:
FontExplorer X Pro Max.
Nel software tutto corre, cambia e si aggiorna. Perché non i font manager? Abbiamo strumenti di sviluppo raffinatissimi. Ma in questo angolo di utenza rispetto al legno e al piombo siamo rimasti dove ci ha piazzati il digitale negli anni ‘90. Non aiuta il monopolio sostanziale monotypico, sebbene i tentativi di fare font manager alternativi non manchino. Ma modesti, non c’è gara. E quindi la spinta ad aggiornare, ammodernare, migliorare FEX semplicemente non c’è. Non mancano certo risorse ed esperienza in Monotype. Se chi definisce il mercato e il settore rimane arretrato si tira dietro tutto il comparto. La mancanza di un supporto decente ai font variabili è grave. FEX li visualizza appena, monopeso e monostile, o in centinaia (letteralmente) di font se il variabile arriva anche in formato statico (Roboto Serif statico ha 40 famiglie e 722 font). Su particolari assi di trasformazione, per come è, FEX o chiunque altro semplicemente non ce la può fare: i Recursive di Google Fonts morfano da sans a casual (un mezzo serif), la variabilità non riguarda solo i pesi e le larghezze. Quelle variazioni ad oggi restano invisibili in un font manager. Se però motori di rendering sul web ce ne sono, ed egregi (e mandatari, sennò come lo vendi un font senza mostrarlo?), non dovrebbe essere troppo complicato farli anche in un font manager. Essenziali i variabili? No. Ma li abbiamo? E usiamoli. Sarà che in tipografia tradizionale sono strumenti del tutto inutili (in InDesign il supporto ai variabili è arrivato solo nel 2020). But still. FEX risponde esattamente a quell’utenza, un po’ vecchia, che si evolve a ritmi lenti. Si sente molto la mancanza di ragazzini scapigliati.
L’unica cosa per non affondare nella depressione è fermarsi un attimo, riflettere sulle sofferenze degli utenti Windows, dove un variabile mette in crisi già Word, e tornare a lavorare con serena rassegnazione.